work Accadimento

Accadimento
© 2012 b.n..
Soggetto Alessandro Sarri
Voce Federica Sintini
Editing Dino Incardi

« Se ciò che si strappa alla decostruzione è proprio ciò che arriva al linguaggio nel testo da decostruire, il partito preso che il supporto chiama a sé fuori di sé, garantisce così poco di ciò che vuole o verrebbe ad essere...
C’è una presenza annidata in presenza, un’insistenza intenibile, incontenuta, occultata in ogni processualità ontologica atta a distrarre il supporto dalla parte più irreversibilmente visibile di sé…
E’ ciò che si può definire la propria ontologia disontologizzata, un’ontologia dell’impossibilità referenziale che rifrange su di sé tutte le precipitazioni mai mancate, mai in latenza, le precipitazioni che, per usare le parole di Jacques Lacan, di danno “in un’incondizionata forclusione omomorfa” in cui il supporto non avrà mai potuto distruggersi attraverso di sé…
L’istanza forclusa, irrecuperabilmente in presenza, che fa accadere il supporto nell’apertura de-negata del sempre già avvenuto in ciò che di sé non accadrà mai, e precisamente, in una flagranza disinnescata attraverso la flagranza di sé, al di qua e al di fuori d’ogni principium individuationis, sospesa in ciò che non ha mai potuto attendersi né verificarsi… Si tratta di ciò che nel supporto non può non esserci – mai - stato, facentesi appunto indelebilmente nell’impossibilità di apparire per sé nell’impossibile espianto in ciò che non è…
Ontologia forclusa dunque come estrema appropriazione indivisibilmente nuomenizzata di ogni supporto? Ontologia del non essere mai comparso nell’ostensione irreversibile di sé dove il supporto – non – manca di nulla? Al di qua dell’apparenza come al di là dell’invisibilità? Esiste un ritmo del ritiro, diremmo, incondizionatamente affermativo, positivo che – non – fa vedere che lo scartarsi ottusamente a luogo di ciò che è apparso solo nel far supporto del senza sé di ogni supporto e quindi mai apparso davvero?
Nessuna sorgività e nessuna teleologia ma un’ infr-azione che il supporto si trova sempre a forcludere di sé: parla adesso come rimozione conservatrice, inammissibile e che da sempre lubrifica la messa in segno del far segno mediante ciò che non potrà mai mancare, marcare, cancellare, smarrire…
Il già stato presente là dove manca nella presenza più ineliminabile, nella presenza che traccia la radicale presenza mai spartita di sé nel non essere mai passibile di apparizione, di configurazione e tuttavia sempre già sfilata, trascorsa nell’incoercibile accadimento di sé, nell’accadimento infigurabile della propria pienezza sempre già esorbitata al di qua del più inverficabile accaduto inteso oramai come autodetrazione nell’autoriferimento…E’ ciò che si definisce come l’arrivante già da sempre arrivato, inciso nel punto ritornato dove non è mai stato - se non stato - non per determinare un qualunque tracciato ma per delimitare il suo impossibile territorio che non sarà mai apparso come tale, mai apparso se non in ciò che all’apparizione non serve per apparire…»